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Human :||: Nature : La Recensione

  • Immagine del redattore: Francesco Lionetti
    Francesco Lionetti
  • 17 apr 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 21 apr 2020

L'attesa era tanta per questo nuovo album targato Nightwish, un'attesa certamente data dalla curiosità di vedere ed ascoltare cosa il gruppo finnico avrebbe portato dopo il darwiniano "Endless Forms Most Beautiful", che aveva dato uno stacco tematico e musicale non indifferente rispetto all'introspettivo e ricercatissimo "Imaginaerum". Il gruppo di Kitee ritorna sulla scena quindi con un album che rappresenta un continuo del precedente lavoro, ma con un'impostazione decisamente differente; siamo infatti di fronte ad un lavoro strutturato in due parti, un primo disco che ha come protagonista assoluta la voce umana, mentre un secondo completamente orchestrale, ma che concettualmente è concepito come un'opera unica e continuata. Tuomas Holopainen ha espressamente dichiarato più volte il fatto che il disco doveva essere un tutt'uno, ma che per mancanza di spazio si è dovuti ricorrere ad un secondo disco, a sottolineare quindi l'unicità del progetto.



Human Il primo disco di questo nuovo album ha come protagoniste assolute le voci umane e le armonie vocali, che sono presenti praticamente in ogni pezzo di questa prima parte. Il nostro viaggio nel mondo umano inizia con la cinematografica "Music", che con il suo costante sviluppo ci racconta della nascita e dell'evoluzione della musica, dando un sensato e filosofico continuo a "The Greatest Show on Earth". Neanche il tempo di scrollarsi di dosso le soavi acrobazie vocali di Floor e si passa a "Noise", il pezzo probabilmente più classico di questo nuovo album, una track solida che mischia coinvolgimento e potenza, ricalcando alcuni brani del passato in maniera efficace e studiata. Il viaggio prosegue con "Shoemaker", una track ispirata all'omonimo geologo americano che trasmette all'ascoltatore un che di mistico e gotico, con le sue atmosfere profonde e le sue armonie raffinatissime. Il grandioso finale lirico di Floor Jansen ci trascina fino all'atmosfera country di "Harvest", brano dalle influenze folk/celtiche che ci dà un iniezione di genuinità e sano amore verso la madre terra, portandoci in un'incalzante spettacolo strumentale che invita a ballare e a godersi la vita prima dell'inevitabile fine dei nostri giorni. Dopo aver danzato ed omaggiato la terra, ecco che "Pan" ci riporta in mondi fantastici, con le sue influenze zimmeriane e la sua travolgente potenza fiabesca, che ci opprime con il passare dei minuti in un pezzo in cui la chitarra di Emppu fa da padrona indiscussa. Le distorsioni sinistre e l'imponenza di questo rollercoaster musicale ci mostrano quanto sia incredibile la forza della nostra immaginazione, accompagnandoci fino alla coinvolgente "How's The Heart ?", un brano che rappresenta l'empatia umana e che con le sue atmosfere accomodanti, unite alle armonie dolci e raffinate, danno un tocco di positività a questo nostro viaggio. Si passa cosi alla malinconica "Procession", una track che denuncia il male che abbiamo fatto e stiamo facendo a questo mondo giorno dopo giorno. Il pezzo è triste musicalmente ed angelico nel cantato, e non può che farci riflettere e alzare esponenzialmente il nostro senso di colpa. L'umanità sta arrivando alla fine con questa marcia funebre in stile Stranger Things, ma possiamo ancora tornare indietro, ed il messaggio è di speranza per un futuro migliore. Il disco prosegue con una vera e propria martellata in faccia di nome "Tribal", un pezzo aggressivo e viscerale che si apre con un grattato di violoncello angosciante e sinistro, evocando man mano delle percussioni ossessive e delle sonorità sporche e "cattive" tipiche dell'heavy metal e del thrash metal, in una vera e propria danza tribale arricchita da voci primitive e versi scimmieschi. La potenza e l'aggressività di questo pezzo non si scrollano cosi facilmente, ma arriva in nostro soccorso "Endlessness", il maestoso brano di Marko Hietala di impostazione doom metal, ma con un cantato melodico e delle armonie estremamente profonde. Questa track è una delle più complesse del disco e potrebbe essere tranquillamente presa come un'esperienza a se stante. L'atmosfera è extraterrestre e la ricchezza strumentale a dir poco imponente; la voce del bassista è profonda e cullante, e ci porta a viaggiare con la mente e godere della grandezza musicale di questo pezzo. Il disco uno si conclude cosi, un viaggio durato nove tappe non semplici da cogliere ai primi ascolti. La sperimentazione è tanta e questo ci spiazza, che sia in positivo o in negativo.



Nature Il disco due è composto da una sola ed unica track, divisa in otto sezioni, ed il cui nome è "All the Works of Nature Which Adorn the World". Siamo di fronte ad una vera e propria Suite Orchestrale di grande classe e genialità, farina del sacco di Tuomas Holopainen, che in questo secondo viaggio si è sbizzarrito nel portarci in ogni angolo del nostro bellissimo pianeta. "Vista" si apre con un parlato dell'attrice Geraldine James, che ci introduce a questo varco verso la natura in cui gli archi fanno da padroni, e ci cullano per tutta la sua durata, aiutati dall'arpa sul finale. D'impatto ci ritroviamo in mezzo ad un immenso oceano con "The Blue", che con il suo violoncello ansiogeno ed un crescendo di cori sinistri ci opprime fino al rintocco di campana, che certifica la fine della tempesta e l'approdo verso nuove tappe musicali. Da naufraghi arriviamo in meravigliose foreste elfiche con "The Green", che sorprende per la sua ricchezza e per la sua raffinatezza, in una sezione tanto rilassante quanto qualitativamente straordinaria. Ovunque ci si giri vediamo alberi, cervi e fiumi cristallini. e vorremmo restarci per sempre, quando all'improvviso veniamo trascinati nelle atmosfere celtiche di "Moors", una sezione che ricorda fortemente "Life and Times of Scrooge", il lavoro da solista di Tuomas Holopainen. Le cornamuse sono imponenti e le sonorità rimandano spesso alle Northrend del celebre videogioco World of Warcraft. La tastiera sul finale ci accompagna alla sezione più potente del viaggio, "Aurorae", che con i suoi cambi di ritmo e le sua forza riassestano le nostre emozioni. Ecco che dopo due minuti intensi ci ritroviamo di fronte la candida e vivaldiana "Quiet as The Snow", che ci addolcisce con archi e cori fino a portarci ad "Anthropocene", un rifacimento della più antica composizione musicale mai ritrovata, un omaggio Hurrita alla dea sumera Nikkal, in una sezione più "meccanica" e meno astratta rispetto ai pezzi precedenti. Queste sonorità dalle sembianze più umane ci portano verso "Ad Astra", il finale dell'opera, che chiude il viaggio con un crescendo orchestrale grandioso ed incalzante, preceduto dalle parole di Carl Sagan recitate sempre da Geraldine James, in quello che musicalmente potrebbe essere definito un Big Bang inverso ed epico.



Conclusione Ci ritroviamo senza dubbio di fronte ad un lavoro estremamente barocco e complesso, un'opera che sfocia ben al di fuori dei confini del metal e che si allontana dai classici canoni della band. L'album è straniante e difficilmente digeribile ai primi ascolti, vista la sua natura diversa ed innovativa, elemento che può facilmente disturbare i fan nostalgici e troppo radicati al passato del gruppo. Tuttavia parliamo di un lavoro qualitativamente straordinario e pregevole, tra i più ricercati e sperimentali della discografia Nightwish. Il disco mette in risalto la qualità di ogni singolo membro della band, dalla voce della Jansen fino alle abilità di Emppu e Kai, che tornano protagonisti e sciolgono le redini, accantonando definitivamente il compitino alla quale erano stati relegati nel precedente album. Tuomas alle tastiere è una presenza imponente in questo disco, e anche Troy Donockley ha uno spazio ampio con la sua Harvest e le armonie vocali. Sebbene la presenza di Marko Hietala sia stata costante sia nelle armonie che a livello strumentale, e sebbene Endlessness sia un pezzo di enorme spessore, dal punto di vista vocale potrebbe mancare ai fan più affezionati, ed oggettivamente qualcosina in più poteva essergli assegnata dato il suo enorme talento in questo senso, ma che, a mio personalissimo parere, non va ad intaccare la qualità dell'opera. Con questo lavoro i Nightwish sono andati oltre, e si stanno costruendo un genere tutto loro, a se stante, e chissà se questo non sia solo il primo coraggioso passo di una rivoluzionaria evoluzione.

 
 
 

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